Romanzo: le regole perfette per Elmore Leonard

Il romanzo ideale esiste. Non è necessario avere soltanto talento, bisogna padroneggiare il mestiere, almeno secondo quanto dice Elmore Leonard.

Lo scrittore statunitense ha iniziato con il romanzo western, poi ha donato il suo talento alla letteratura poliziesca. Uno degli scrittori più popolari e prolifici del nostro tempo, ha scritto circa due dozzine di romanzi, la maggior parte dei quali bestseller diventati film di successo internazionale come  Get Shorty, Jackie Brown e Out of Sight. Non solo apprezzato dal pubblico ma anche dalla critica e soprattutto dai suoi colleghi che vedono nella sua scrittura un punto di riferimento costante, soprattutto per la costruzione dei dialoghi.

Nel 2010, sollecitato dal Guardian, Leonard pubblicò alcuni consigli di scrittura per i suoi lettori, creando un decalogo per scrivere il romanzo ideale.

1) Mai iniziare un romanzo parlando del tempo. Se è solo per creare atmosfera, e non una reazione del personaggio alle condizioni climatiche, non andrai molto lontano. Il lettore è pronto a saltare le pagine per cercare le persone. Ci sono alcune eccezioni. Se ti capita di essere Barry Lopez, che conosce più modi di un eschimese per descrivere il ghiaccio e la neve nel suo Sogni artici, allora puoi fare tutti i bollettini meteo che vuoi.

2) Evita i prologhi: possono irritare, soprattutto quelli che seguono un’introduzione che viene dopo una prefazione. Queste sono cose che di solito si trovano nella saggistica. In un romanzo, un prologo è un antefatto, e puoi metterlo dove ti pare. C’è un prologo in Quel fantastico giovedì di Steinbeck, ma va bene perché lì c’è un personaggio che centra esattamente ciò di cui parlo in queste regole. Dice: «Mi piacciono i dialoghi in un libro, e non mi piace che qualcuno mi dica com’è il tizio che parla. Voglio immaginarmelo dal modo in cui parla».

3) Nei dialoghi non usare altri verbi tranne «disse». La battuta appartiene al personaggio; il verbo è lo scrittore che ficca il naso. Almeno, «disse» non è invadente quanto «borbottò», «ansimò», «ammonì», «mentì». Una volta notai che Mary McCarthy aveva chiuso una battuta con «asserì» e dovetti smettere di leggere e andare a prendere un dizionario.

4) Non usare un avverbio per modificare il «disse». Usarlo in questo modo (o in qualsiasi altro modo) è un peccato mortale. Così lo scrittore si espone troppo, usando una parola che distrae e che può interrompere il ritmo dello scambio nelle pagine del romanzo. In uno dei miei libri si raccontava di un personaggio che era solito scrivere storie d’amore d’ambientazione storica «piene di stupri e avverbi».

5) Tieni sotto controllo i punti esclamativi. Ti è permesso di usarne non più di due o tre ogni 100.000 parole. Se poi sei incline a giocare con i punti esclamativi come Tom Wolfe, allora puoi aggiungerne a manciate.

6) Non usare mai espressioni come «improvvisamente» o «s’è scatenato l’inferno». Questa regola non richiede una spiegazione. Ho notato che gli scrittori che usano «improvvisamente» tendono ad avere meno controllo nell’uso dei punti esclamativi.

7) Usa dialetti e slang con moderazione. Una volta che cominci a compitare foneticamente le parole nei dialoghi e a riempire le pagine di apostrofi, non sarai più in grado di fermarti. Nota come Annie Proulx cattura il sapore delle sonorità del Wyoming nella sua raccolta di racconti Distanza ravvicinata.

8) Evita descrizioni dettagliate dei personaggi, come faceva Steinbeck. In Colline come elefanti bianchi di Ernest Hemingway, come sono «l’americano e la ragazza che era con lui»? La ragazza «si era tolta il cappello e lo aveva messo sul tavolo». Nel racconto, questo è l’unico riferimento a una descrizione fisica.

9) Non fornire troppi dettagli descrivendo posti e cose, a meno che tu non sia Margaret Atwood e quindi in grado di dipingere con le parole. Non vuoi certo descrizioni che portino l’azione – il flusso della storia – a un punto morto…

10) Cerca di omettere le parti che i lettori tendono a saltare. Pensa a cosa salteresti leggendo un racconto: fitti paragrafi che trovi abbiano troppe parole.

 

Elmore Leonard

 

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