Elena di Laura Marcucci

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Il racconto Elena di Laura Marcucci si è aggiudicato la Menzione Speciale al Concorso Letterario Scrivendo Ancora 2023.

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PRESENTAZIONE OPERA
di Laura Marcucci

“Il palco di un teatro per far tornare a vivere una storia di tanti anni fa.
Le parole di un’artista sono lame nel silenzio di una platea attenta a cogliere ogni emozione e a carpire i mutamenti su un volto sofferente, mentre gli occhi si accendono e tornano al vecchio millennio. Tra le note di una melodia i profumi delle stagioni inebriano l’aria.
Elena, questo il nome della protagonista della storia, era una giovane studentessa. Lei è parte della mia vita e il suo bagliore si riaccende ad ogni sussurro. Per comprendere il contesto storico in cui è vissuta occorre tornare indietro nel tempo. A un passato che molti di noi hanno vissuto, ma che per altri è ancora sconosciuto.
Erano gli anni ’70, ma il nuovo decennio già faceva sentire il suo imminente arrivo. A quell’epoca il corpo docente era diviso fra nascenti intellettuali di sinistra e professori palesemente schierati all’altra ala di pensiero. I giovani erano in gran parte politicamente forti, i loro ideali accendevano le idee che dovevano portare la loro generazione al cambiamento.
Allora, non fu facile per Elena conciliare gli impegni di studio con l’attività politica, soprattutto nel corso dell’ultimo anno scolastico, che prevedeva l’esame di stato.
Lei non era tra i  primi della classe, ma neppure tra gli ultimi, così dopo l’ammissione attese fiduciosa l’esito degli scrutini.
Era estate…e lei l’amava come quelle vacanze sognate tante volte. E poi c’erano i sogni da realizzare e un nuovo futuro tutto da esplorare…”


RACCONTO “ELENA”

Tutti i diritti riservati Laura Marcucci 2024
Vietata la riproduzione senza il consenso dell’autore

Gli avvenimenti che narrerò su questo palcoscenico li voglio annunciare immaginando di avere dinanzi ai miei occhi una platea, che in rispettoso e assoluto silenzio ascolti questa storia.
Vorrei che gli eventi descritti venissero recepiti in modo assoluto provocando in voi una forte emozione per infrangere quello scudo che ognuno di noi troppo spesso colloca dinanzi al cuore, impedendo ai sentimenti più puri di liberarsi per poter poi fare emergere quella sensibilità che ci unirebbe gli uni agli altri.
Ora, per favore, si abbassino le luci ed una lieve melodia accompagni la mia voce.
Mentre il sipario inizia ad aprirsi, due fasci di luce illuminino il mio volto e le mani del pianista, che si muovono con maestria sulla tastiera, diano vita all’anima della musica.
La scenografia alle mie spalle muterà e la natura stimolerà la vostra immaginazione.
Su questo palco non si alterneranno personaggi, ma dovrete immaginarli voi: solo la mia voce sarà la vostra guida.

È primavera, sentite i profumi? Ascoltate la natura, è desta e già le lunghe giornate fanno sognare.
La scuola sta per terminare, Elena vive l’ultimo anno del liceo nell’attesa dell’esame di Stato che spaventa tanti studenti, ma che mette fine a un lungo periodo di studio e di formazione.
Presto le lunghe ore trascorse in casa a studiare diverranno un ricordo e poi, finalmente, ci saranno i desideri da realizzare.
A diciotto anni si vive di sogni e c’è un mondo che deve cambiare nelle mani delle nuove generazioni: Elena combatte per questo e non si arrende, non si fa intimidire perché ci crede.
Vede questo cielo ora velato di nubi, ma che un giorno sarà solo azzurro, sa che il rosa dell’aurora colorerà la sua vita.
Le guerre diminuiranno o addirittura cesseranno, perché gli uomini sapranno sedersi intorno ad un tavolo mettendo da parte i propri interessi.
L’Africa sarà finalmente libera dal suo debito con i paesi industrializzati e i suoi figli avranno l’acqua di che dissetarsi.
Arriverà anche lo sviluppo, così quegli occhi sempre perplessi dei bambini neri, che ci interrogano dal piccolo schermo, finalmente ritroveranno la luce e la soddisfazione.
Il lavoro sarà un diritto per tutti e non più qualcosa che si deve elemosinare, o persino comprare.
Elena vuole tutto questo: pace, onestà, sincerità.
Elena vive per gli ideali in cui crede, ama la scuola, perché attraverso lo studio ha appreso ciò che non sapeva, che va oltre le semplici nozioni, aprendole orizzonti lontani: e lei vuole andare lontano.
Estate, sentite le cicale? il loro canto è assordante.
Ascoltate lo sciabordio delle onde, nell’aria il calore è soffocante, il sole implacabile padroneggia nel cielo, ma quel cielo oggi non è azzurro.
Nell’automobile, colma di valige, il mangiadischi in funzione suona la canzone Ti amo, tormentone di quella lontana estate del 1977.
Dinanzi alla scuola ci sono i suoi compagni, ci sono i risultati degli esami da vedere. Da domani si apre un nuovo capitolo, questo ormai è terminato, ora c’è la villeggiatura che l’aspetta e al mare poi ad attenderla c’è il suo ragazzo, un amore appena nato e già così importante.
Elena non potrebbe essere più felice. Scende sicura dall’automobile, mentre vede la sua compagna di classe e migliore amica venirle incontro, ma in quell’istante non può fare a meno di provare uno strano presentimento.
Tenta di mandar via l’ansia che la sta assalendo, purtroppo qualcosa è avvenuto ed è incredibilmente accaduta a lei.
Dinanzi ai quadri, affissi nelle bacheche della scuola, i compagni di classe si interrogano, poi sinceramente dispiaciuti l’abbracciano, ma non c’è abbraccio che possa lenire la delusione di essere stata ingiustamente respinta.
Improvvisamente Elena ha solo voglia di fuggire e quella mattina che era così luminosa diviene scura.
Il sole alto nel cielo, l’aria rovente di quel primo giorno di agosto, non riescono a dissolvere il freddo che pervade il suo corpo.
Vorrebbe tornare a casa, chiudersi nella sua stanza, versare tutte le lacrime racchiuse nei suoi occhi, attendere la notte scendere in fretta per coprire con il suo nero mantello tutto ciò che non vuole vedere.
Poi abbandonarsi al sonno, farsi cullare fra le sue braccia e, mentre passano le ore, pensare che il risveglio sarà diverso e forse immaginare di avere sognato ciò che invece è realmente accaduto, ma poi ripensa che i bagagli sono nell’automobile e allora lento inizia il cammino.
L’auto percorre la strada affiancata da lunghe file di alberi sempreverdi, lasciando alle sue spalle distese immense di viti incolte e campi di angurie che ormai giacciono nell’arida terra.
Il mangiadischi è spento, mute le domande restano sospese nell’aria, mentre lei tra le note del silenzio avverte la delusione di suo padre, di quell’uomo che nella divisa da ferroviere usciva di casa nelle fredde sere d’inverno per andare al lavoro, quando tutta la città sembrava addormentata.
Lo vede seduto a tavola e non al volante come ora, immagina quel suo sguardo lieve, carezzevole posarsi sui volti cari, in quei momenti così importanti che concludono le lunghe ore lontano da casa, quando tutti finalmente si riuniscono e si ritrova la famiglia.
Poi le immagini scorrono come diapositive di un volto che non sa fingere, dal quale traspaiono emozioni.

L’autunno scende improvviso, ma è una stagione senza colore. Nell’aria non c’è il profumo delle castagne arrostite né l’odore dei boschi. Novembre è sceso nel suo cuore prevaricando l’estate, spegnendo il bagliore, lasciando spazio alle nuvole scure che hanno invaso il cielo e si sono impadronite del suo essere. Da oggi ogni cosa ha perso valore, da quel giorno per lei il mondo si è fermato.
Elena non ha più voglia di ascoltare, di parlare, di ballare, non c’è nulla che possa distogliere la sua mente, non c’è nessun pensiero felice che possa donarle ancora un po’ di serenità, la sua mente si interroga continuamente mentre comprende che nessuno ammetterà di avere sbagliato.
Paga in prima persona le scelte di coloro che valutano e decidono superficialmente il destino di alcuni studenti, ignorando le difficoltà ad esprimersi di quei ragazzi timidi, introversi, tanti come lei, che fanno fatica ad emergere, ma che spesso apprendono più degli altri, poiché hanno in dono una spiccata sensibilità che li conduce oltre «il sapere».
Ma Elena ora non si concede attenuanti. Lei si assume le sue colpe, anche quelle che non ha, fino in fondo.
«Tenera sera d’estate, ora che sei sopraggiunta, accoglila, è sola con i suoi pensieri! Non vedi? Passeggia lungo il molo, ma non si avvede neppure delle persone che le passano accanto, nulla la sfiora.»
Le piccole imbarcazioni ancorate nel porto ondeggiano cullate dall’acqua appena  increspata, mentre intorno a lei le onde si infrangono sugli scogli, e la bianca luna riluce, signora e sovrana del cielo scuro, attorniata da infinite piccole stelle che, come dame di compagnia, a lei riverenti appaiono in ombra. Eppure sono così indispensabili all’universo!   
Lontano, in linea con l’orizzonte, piccole luci. Sono le barche dei pescatori che nelle sere come questa, quando il mare è tranquillo, trascorrono lunghe notti là dove acqua e cielo riescono a sfiorarsi.
«Elena, quante volte hai osservato ″con occhi diversi″ ciò che vedi ora, e quanto quelle immagini sono state parte di te, quando ancora credevi nei sogni?»
È lontano quel desiderio che ti vedeva in un mattino d’inverno dinanzi allo specchio.
Nuvola rapita al cielo azzurro, mentre indossi l’abito bianco, aspirazione di ogni donna innamorata, come è utopia ora l’immagine di quella piccola casa colma di serenità, di pace e di onestà, ora rallegrata dalle voci di bambini solo immaginati, ma quasi reali disegnati dall’abile matita dell’artista che a te dedicò la sua arte!
«Elena, ascolta quella voce che sussurra incessante la sua ode alla vita! Torna ai momenti felici, inizia a credere che ci possano essere ancora!
Passerà questo periodo triste della tua vita e un giorno, destandoti, saprai di essere stata forte, anche se non dimenticherai mai questa esperienza che ora ti rende così fragile.
Non pensare di essere sola, ma chi ti è vicino non comprenderà fino in fondo quanto è grande la tua delusione.
Il mondo, che ora per te appare fermo, è sempre in movimento, in quel suo modo costante e continuo che rigenera la vita, anche per te che ora appari così lontana».
«Elena, mi ascolti? Cerca almeno di rispondere!» le dice il suo ragazzo.
Ma lei è preda dei suoi pensieri e lui sembra far parte di una realtà remota.
Distanti, sulla spiaggia, falò accesi, appaiono piccoli punti di luce che penetrano l’oscurità e sembrano indicare il cammino verso la speranza, mentre una dolce melodia trasportata dalla brezza giunge fino a lei.
Solo allora si avvede di un giovane che fa vibrare le corde della sua chitarra e per un breve istante sembra renderle la serenità perduta.
Poco lontano, in prossimità del molo, le chiome fluenti delle onde del mare si tingono d’argento sotto i raggi lunari.
Tutto intorno a lei è vita. Ogni cosa sembra animarsi, come la mano aperta che emerge dall’acqua protesa verso il cielo.
Un bagliore precede il fragore delle onde che si spartiscono per fare emergere l’altra mano. Ora due braccia aperte sono allineate verso il creato.
Il maestrale spira con violenza, i flutti sono suadenti. Una dolce voce che incanta la avvolge e la stordisce: «Solo un breve salto: un balzo nel vuoto e poi l’oblio, il regno delle ombre, che finora hai soltanto immaginato, non deve spaventarti. Fai in fretta, non vedi? lui ora si è assorto e volge le spalle al mare.»
Una morsa le stringe il ventre, mentre il gemito, simile a un singhiozzo dell’anima, le sale alla gola e la mente torna a vivere i momenti oscuri.
L’ansia si impossessa di lei, impedendole di ragionare. Un malessere sconosciuto, l’aria che sembra non nutrirla più, il cielo, che diviene materia, appare tanto vicino da opprimerla.
Il sudore improvvisamente fluisce rendendo insopportabile il calore che il corpo emana.
E la paura antica… Elena guarda in basso le onde dalla bianca schiuma che con il loro sciabordio le rapiscono l’anima. Ora il vuoto non la spaventa più.
Un salto e poi il ventre materno dell’acqua, il mare, l’accoglierà e la porterà lontano oltre l’orizzonte, dove c’è ancora lo spazio per i sogni.
Ma noi, forse, possiamo solo immaginare che questo sia stato il suo ultimo pensiero.
Purtroppo Elena non vedrà arrivare l’inverno, non rabbrividirà ai suoi gelidi venti, non vedrà le luci del Natale che accendono le lunghe strade di speranza.
Non si stupirà dei candidi fiocchi di neve che silenziosi coprono i tetti della città.
Lei non si desterà più in primavera, non scorderà il verde intenso che colora i prati rigenerati dalle piogge scandite dal tempo né sentirà il ponentino carezzarle le gote appena imporporate dal tiepido sole di aprile.
Elena ha ceduto all’ultimo canto che il mare ha intonato per lei, leggendo nel pentagramma del suo fragile cuore.
Tace la voce narrante.
Lentamente, prima fioche poi più luminose, si accendono le luci della platea.
Silenzio, riflessione e stupore si avvertono sui volti degli spettatori, che hanno ascoltato il monologo di una donna che narrava, spesso tenendo i pugni serrati, come a voler trattenere qualcosa volata via dalle sue fragili mani, che un tempo furono troppo incerte.
Lei sul palcoscenico ha cercato le parole, a tratti tradendo l’emozione.
Ha rivissuto giorni lontani, immaginando, durante la narrazione, di avere la sua Elena accanto.
Quest’ultimo atto d’amore lo doveva a sua figlia vittima di un vecchio sistema, che forse un giorno non lontano si frantumerà per poi ricomporsi in un «puzzle», dove tutti i pezzi, anche i più piccoli, finalmente troveranno la giusta collocazione.
Seguendo la scia di quell’ultimo pensiero, Maria lentamente si volge e a piccoli passi l’interprete del toccante monologo abbandona il palcoscenico.
Il pianista lascia il suo posto al pianoforte e, mentre le note sembrano rimanere sospese nell’aria, il sipario si chiude oscillando.
I pesanti drappeggi appaiono mossi da una brezza che viene da lontano, che sembra essere tornata per rammentare quella storia che… NON È UNA STORIA QUALUNQUE.

Laura Marcucci

3 pensieri su “Elena di Laura Marcucci

  1. Una storia bellissima scritta in modo straordinario da una scrittrice bravissima.Un modo di raccontare una storia che ti rapisce fino all’ultima parola.

  2. Veramente originale il modo in cui l’autrice tesse la trama. Racconto coinvolgente fino alla fine. Il tema è trattato in modo appropriato . Le immagini durante la narrazione sono rese vivide dalla bravura dell’autrice.

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